IDDUISMO
Mia Stromboli.
Mia riottosa montagna.
Mio cuore sacro.
Mia salvifica roccia.
Mia eruttiva linfa.
Mio lavico ventre.
Sono tornata in utero. Un utero divenuto troppo assordante e disturbante in stagione.
Mi manca il nostro novembre.
Eravamo io e te e pochi altri. Solo natura, silenzi e serate semplici.
Ormai il tanto rumore per nulla non solo mi annoia ma mi fastidia l’anima.
Allora fuggo tutto e tutti e mi rifugio nella tua assoluta Grande Bellezza. Io e te. Mareate, agitate, turbate, scosse, franate, colate.
Ti Amo Isola Mia.
E ti ritrovo in solitaria. Silenziando il rumore con feroce e ferina strafottenza.
E intanto lo sguardo, e altro, si rivolge oltre i tuoi confini. Bramando un altro orizzonte. Che mi fa volare come le majorane eoliane con l’unguento nelle dispettose e spettrali notti.
Deux Ex Machina…
STROMBOLI, FRA MARE E CUORE
TORNARE
Il motore assordante dell’aliscafo accompagna una specie di film muto che scorre fuori: il movimento continuo della superficie blu intenso.
Poi finalmente distinguo le sagome dietro la foschia di calura.
Non avevo pensato di farlo l’ultima volta che sono stata in questi luoghi, né mi ero chiesta quanto sarebbe passato prima di tornare. Otto anni sembrano tanti per quanto è stato nel mezzo.
Ora che sono così vicina sembra una domanda superflua, così naturale tornare.
Né importa immaginare ora cosa passerà tra qui e la prossima volta, ancora devo arrivare e ho già la sensazione che tornerò, tanto basta.
Lipari mi accoglie con una prospettiva nuova, meno chiassosa, che preferisco decisamente a quella che conoscevo.
Salina poi, è strepitosa al tramonto quando tinge il cielo finché il sole non scende alle sue spalle.
E oltre, Filicudi.
A Stromboli regna un silenzio speciale.
Sulla cima, il fumo filtra irregolarmente la luce trasformando senza sosta il paesaggio.
Dopo una traversata schiaffeggiata dal vento, raggiungo la sua spiaggia. Ciotoli neri, sabbia scurissima e luccicante del tardo pomeriggio.
L’acqua è calma ora, limpidissima.
Mi tuffo.
CASA
Il mio primo ricordo di Stromboli è l’isola che sorge, nuda e potentissima, dal mare.
Ci stiamo avvicinando con la barca, come migliaia di altri turisti estivi; c’è confusione intorno ma io già sento l’isola pulsare.
Non avevo mai sentito la voce del vulcano, mai potrò scordarmela.
Anche anni dopo, nei bui inverni lavorativi del nord, la sognavo; sognavo la sua voce e il blu del suo mare.
Un blu profondo come i suoi fondali, così intenso da restarmi nel cuore per sempre.
Poi, sono tornata.
Ho fatto in modo di tornare.
Posso vivere a Lipari tutto l’anno.
Ci separa solo un braccio di mare anche se spesso d’inverno è impervio.
E poi. Poi solo la gioia di vedere l’isola a gennaio, le esplosioni e le colate, i suoi umori, la primavera che accende i pendii e i declivi, il profumo dei fiori nelle sue vie dopo una notte di pioggia.
E poi le stelle, immortali e distanti, che ti guardano potenti senza i filtri delle luci della città.
Le albe e i tramonti pieni di freddo e colori limpidi, mentre impari a pescare da un molo; le serate a farsi raccontare le vite degli altri- quelli che hanno deciso di spenderle qui, richiamati da un magnetismo unico.
Sabbia nera che ti scotta la pelle, u ciauru di niepita sui sentieri, la luna piena che sorge da dietri ai crateri.
Poi di nuovo le estati, coi turisti, i barconi, l’odore di deodoranti e la spazzatura in eccesso e le risse e i bambini che vociano e i ragazzi che bevono. Ma basta fare 4 passi.
L’isola è li, che se ne frega; granitica.
Regala spettacoli immensi, i suoi colori si piegano alle stagioni che si susseguono mute e inflessibili e scandiscono il poco tempo degli umani.
Sta lì da millenni; così tanti che per un uomo è quasi impossibile immaginarli.
Le sue case ora bianche erano prima villaggi preistorici.
Il sangue degli uomini era rosso ma prima di questo poco c’era altro.
C’era la lava che costruiva le punte, le prime piante che arrivavano sotto forma di seme con gli uccelli, tronchi e zattere alla deriva che vi portavano i primi rettili.
L’isola è sempre li; immutabile nei suoi cambiamenti, si adegua ai venti e alle maree, un po’ crolla e un po’ si ricrea.
Su questo scoglio troverete una vita varia, multiforme, curiosa. Troverete un miscuglio di lingue, di popoli, di gente che pensava di odiarla ma non è riuscita più a partire.
Perché Stromboli è cosi; non bella, non dolce come il miele, ma un luogo dell’assoluto.
Dove la tua anima può sentirsi a casa, conscia di essere un nulla davanti all’unico dio della terra e si chiama Natura.
Perché Stromboli è proprio e solo cosi. ASSOLUTA
LA MIA SCIARA
Ciao Iddu, anima mia
Come si fa a trovare pace per due come noi?
Lo so che significa non riuscire a tenersi tutto dentro, ad esplodere ogni tanto: uno sbuffo, due lacrime, un urlo…
E lasciare andare tutto via e creare la propria sciara.
Hanno da sempre capito tutto questi siciliani, che hanno trovato un modo per dare il giusto nome alle cose, eh?!
Quanto fuoco, quanti sobbalzi.
Come si fa a dormire?
Io non riesco questi giorni, è come se ti sentissi scorrermi dentro. Il mio cuore batte, batte all’impazzata, giù nel profondo. Quanti chilometri ti dividono dal fondo? Quanti millimetri servono per arrivare al mio centro?
Come fa a crescere quel verde lì vicino a te?
Forse che i tuoi pianti rendono più fertile il terreno? Cresceranno nuovi fiori anche qui?
Quante cose mi hai detto l’anno scorso?! Non ti ho volute ascoltare, ma adesso sono qui e te lo confermo: “avevi ragione”. La natura lo sa prima, bisogna ascoltarla.
E quante cose son cambiate?! certi cambiamenti in fondo fanno bene: guarda quel vulcano che era lì vicino a te e che ora si è trasformato in un isolotto che ti fa da guardiano.
Ma poi guarda quanto mare intorno! Il mare aggiusta tutto. È per questo che riesci ad andare avanti, imperterrito?
La bellezza salva il mondo, forse, ma sicuramente fa bene a quelli inquieti come noi.
Stasera salgo su, vengo a trovarti. Voglio sentirti da vicino, raccontarti un po’ di cose. Mi presti un po’ della tua voce? La fai arrivare lontana? Tuoniamo insieme e facciam vedere di cosa siamo capaci.
Sei grande Iddu. Stupisci tutti, di continuo. Ci lasci con lo sguardo all’insù anche in pieno giorno, in attesa di qualcosa di più grande con quel sentimento misto tra paura e curiosità. Da bambini ce lo dicono da subito “se ti avvicini al fuoco ti scotti” e poi ci bruciamo tutti, almeno una volta.
Così ora anche da adulti non smettiamo di sbagliare ed imparare. Di aspettare e avere fiducia, che qualcosa, che ci stupisca, avverrà.
A presto Iddu.
E RITORNO A TE
È il profumo dei gelsomini che mi riporta a te,
sono i vicoli al mattino mentre mi affaccio in dolci giardini.
Sono le tue colonne,
bianche erette al sole come bandiere.
È l’odore della terra che mi riporta a te,
fuoco sotto di me, dentro di me.
Sono i miei piedi, scalzi, che ti calpestano, che ti accarezzano.
È il rumore delle onde infrante,
di gabbiani planati,
di luci abbaglianti,
di occhi distanti.
È il boato del tuo respiro che rimbomba dentro di me,
è la paura di ogni notte,
è la gioia di ogni giorno quando alzo gli occhi e vedo te.
È il rumore dei passi, tra i vicoli deserti di un pomeriggio d’inverno tra i muri bianchi scalfiti dal vento.
È la notte, mentre ti attraverso,
luci solitarie, smarrite,
come tante vite,
luci di candele,
come tante vele.
Sono le notti,
le spiagge nere, le dolci sere.
È la vita che mi riporta a te… ogni respiro…
io ritorno a te.