«Ti aspetto, volentieri possiamo organizzare qualche passeggiata di mare, la Galileo Galilei è a tua completa disposizione. A presto»

Che cosa voleva dire passeggiata di mare? Che cos’era la Galileo Galilei? Avrebbe voluto chiederglielo ma quella corrispondenza rischiava di rovinare la sorpresa.

Al porto l’aveva accolta quella vista un po’ nostalgica sull’Hotel Phenicusa, sbarrato, chiuso, noncurante di quelle onde di turisti che lo circondavano tutti i santi giorni nel caldo di agosto. Pippo stava lì, una sigaretta in bocca e gli occhi trasparenti come il mare della sua isola.

Le aveva dato il benvenuto senza troppi convenevoli, una granita veloce da Nino sul mare e poi dritti in macchina direzione Pecorini. Quelle strade erano piene di fichi d’India che cercavano di rubare la scena al blu del mare.

«Se non sei troppo stanca possiamo andarci a fare una passeggiata di mare»

Glielo diceva con una normalità che la faceva vergognare di non capire.

«Certo, ho già il costume sotto»

Sorrideva, «Io non lo tolgo da mesi».

La Galileo Galilei stava lì, a riposo sui ciottoli davanti all’hotel Sirena. Era più piccola di quelle dei pescatori ma quell’occhio disegnato in prua la rendeva la più bella. Le rifiniture blu come il mare prima che arrivi il tramonto, il legno impregnato di salsedine.

«Dammi una mano a portarla in acqua, ma ascoltando quello che ti dico di fare e usando la calma»

Aveva riconosciuto già la sua impazienza? Le segnava il viso? Era una cicatrice che solo lei non vedeva o si trattava semplicemente del ritmo che veniva imposto dall’isola ai suoi abitanti?

«Ci provo» lo aveva detto sorridendo.

Passeggiavano sul tramonto, l’acqua si faceva specchio per quel cielo dove il rosso faceva la lotta col rosa per accaparrarsi più spazio.

«Ora ti porto in una grotta, sei una che ha paura di buttarsi quindi con calma lo farai stasera, a quest’ora non c’è nessuno che mette fretta».

di Ilaria Piva 

SENZA ASCOLTARE LE PREGHIERE DI NESSUNO

Le onde sbattono in continuazione contro il finestrino.

Sono seduta su questo aliscafo dal motore stanco, ho bisogno di prendere aria perché il mare vuole prendersi il mio cuore, strapparlo dalla cassa toracica e tenerlo qui.

Questo aliscafo è una scatola di cuori che si tengono stretti per non affondare, e per ognuno di questi ce ne sono altri sulla banchina che scalpitano, che si rallegrano, che si incupiscono.

È tutto blu, cielo e mare si fondono ma gli occhi per la paura di annacquarsi cercano disperatamente di tornare a tutta quella terra bruciata, sempre pronta a sgretolarsi.

C’è che questo aliscafo una volta è stato il mio complice portandomi proprio là dove volevo andare e adesso si è trasformato nel più meschino dei miei nemici: mi porta a casa.

Mi affanno a mettere insieme tutte le facce, le risate, il profumo denso, i pomeriggi seduti sul muretto, le righe rosse e blu dipinte sulle barche ma le onde continuano a spazzarmi il cuore e mi sento annegare.

Rivoglio il controllo ma amo questo stramaledetto mare che decide cosa fare senza ascoltare le preghiere di nessuno.

di Ilaria Piva 

NOVILUNIO

Pensai che loro sarebbero state lì ad aspettarmi come sempre, fragorosamente silenziose.

Avevo controllato con diligenza   l’andamento delle fasi lunari.

Desideravo intensamente il Novilunio, cosicché nessuna luce di troppo potesse offuscare quel prezioso cielo stellato la cui vista attendevo da mesi. 

Ultimo quarto, beh posso accontentarmi, sarà comunque meraviglioso – pensai.

Non appena misi piede a terra, lasciandomi l’aliscafo alle spalle, la senti arrivare.

C’erano cose, sensazioni, che non ero in grado di provare in nessun altro luogo se non lì.

La felicità, immotivata e vera, priva di giustificazioni, irrazionale, insensata, mi pervase all’improvviso.

Il vento mi avvolse, caldo ed accogliente.

di Milena Bellantone

FIMMINA

Filicudi

Sempre così bella, così seducente, così diversa.

È una donna tranquilla con una sospesa indifferenza verso tutto il mondo.

di Serena Zaouali